RAF VALLONE è stato attore, calciatore, giornalista, partigiano.
Cominciò come interprete di fotoromanzi per arrivare ai maggiori vertici del teatro, della televisione e soprattutto del cinema.
Un legame inscindibile con la sua Tropea.

Pasqualino Pandullo

Durante gli anni sessanta non mancava un’estate. Ma anche prima, e soprattutto dopo, il rapporto di Raf Vallone con la “sua” Tropea è sempre stato intenso. Molti ricordano ancora quella sua Mercedes scoperta, bella come in un film, col grande sterzo colore avorio, parcheggiata nel viale dei Tigli o, più spesso, vicino al portone della sua casa, a picco sul mare, in fondo al corso. Vedere lui in mezzo alla gente era più raro, ma era come se il suo fascino magnetico si irradiasse per induzione e restasse nell’aria dopo un suo passaggio.

Ma non era meno magnetica la sua percezione della cittadina che lo aveva visto nascere e trascorrere l’infanzia: “Per me Tropea è il periodo dell’innocenza, un’età privilegiata dell’immaginazione. La sua stessa posizione, appollaiata davanti al mare, a sfidare le tempeste, evoca in me un simbolo plastico che mi è sempre rimasto in mente: sfidare non soltanto le tempeste del vento e della pioggia, ma le tempeste della vita. Forse perché anche per me, come diceva Euripide, il mare lava le scorie e i peccati del mondo.”

Quando Raf Vallone si trasferì a Torino, dove la famiglia seguì il padre funzionario di Prefettura, il mare di Tropea era ancora monopolio dei bagnanti locali. Non che all’epoca del suo primo grande successo, Riso Amaro (1949), il turismo fosse già un fenomeno di massa. Ma il dopoguerra cominciava a far intravedere l’uscita dal tunnel e l’aria cambiava. Il calciatore affermato e il giornalista impegnato avevano definitivamente ceduto il posto all’attore di successo, sempre più celebrato da critica e pubblico.

Nel 1952 è protagonista con la regia di Silvestro Prestifilippo del film La carne inquieta, tratto dall’omonimo romanzo dello scrittore calabrese Leonida Repaci.

È all’epoca de La ciociara (1960) che la corrente turistica verso la patria del filosofo Pasquale Galluppi comincia timidamente a prendere la piega che meno di dieci anni dopo, con la benedizione dei tedeschi e dei settentrionali del triangolo industriale la consacreranno come la “perla del Tirreno”. Aprono i primi night, arrivano le prime frequentazioni di tendenza. Proibito? Da chi? sarà il titolo di una commedia scritta dall’attore di Non c’è pace tra gli ulivi e Il cammino della speranza, che intanto sbanca i botteghini francesi con Uno sguardo dal ponte ed estende la sua arte persino alla regia lirica.

Il suo buen retiro è a Sperlonga, sul litorale laziale, dentro uno scenario che rassomiglia incredibilmente al tratto più famoso di costa tropeana, in compagnia della moglie, Elena Varzi, e dei tre figli. È soprattutto Saverio, il maschio, a tenere costante il rapporto col paese avito: “Lui è attaccatissimo a Tropea – diceva con orgoglio Raf – e ne assorbe tutta la bellezza e il fascino. Il volto di mio figlio Saverio si trasforma quando parla di Tropea, si illumina: è un raggio di luce che io conservo nel profondo e, come diceva Euripide, il mare lava le scorie e i peccati del mondo.”

 

 Intanto la fama della capitale calabrese delle vacanze vola di rivista in rivista, di poster in poster, di bocca in bocca. Tropea e quello scoglio con la chiesa in cima scambiata per un castello, Tropea la nobile e i suoi paesaggi, i suoi vicoli, Tropea e quelle spiagge con la sabbia fine e bianca. Soprattutto, Tropea e il suo mare: “Il mare a Tropea è curioso – amava annotare l’attore – l’onda che s’infrange sull’arenile, ha una sonorità eccezionale, ti investe l’anima e te la purifica”.

Dopo mille trionfi, Raf Vallone, vanto della sua gente che avrebbe voluto averlo più per sé, muore a Roma a fine ottobre 2002 all’età di 86 anni. Riposa per sempre nel cimitero della sua Tropea, nella cappella di famiglia, diventata un altro dei luoghi da visitare, da queste parti. Ad accogliere i visitatori, c’è una foto in bianco e nero (tanto bella da permettersi il lusso di non rendere omaggio agli occhi verdi di quel coltissimo artista) ed un curioso epitaffio dorato su marmo bianco. A indicare una strada, forse, non del tutto imboccata, quelle sue parole di una magica intervista concessa in una luminosissima mattina di novembre: “Per Tropea vedo un turismo che dia posto agli scrittori, agli intellettuali, ai pittori, agli artisti insomma, affinché diventi veramente un centro di appartenenza culturale importante. Un turismo illuminato, cosciente della bellezza che percorre questa roccia stupenda che si protende nel mare come una protesta, e invece si scioglie nella dolcezza delle rive e del mare.”

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