Il prof. Luigi Lacquaniti, indimenticabile figura di studioso ed intellettuale, docente universitario, scrisse nel 1953 questo racconto, attualissimo ancor oggi, della Varia di Palmi che “rigermina e vive eterna, simbolo religioso ed artistico, espressione di devozione e di forza, oggetto e soggetto di storia cittadina”.
Arricchiscono il complesso delle feste patronali dell’ultima domenica d’agosto di anni alterni, le processioni della Madonna della Lettera e del Sacro Capello della Vergine.
Nel 2013 la Varia di Palmi è stata accolta dall’UNESCO nel patrimonio immateriale dell’Umanità
Là dove l’Aspromonte termina a Settentrione con la rupe granitica del Monte Sant’Elia e si apre la vasta e opulenta Piana di Calabria, è situata, come un balcone sul mare, la piccola città di Palmi. Un vasto pianoro in una cornice di colli, una costa pittoresca, un manto variato di vegetazione rigogliosa formano il luogo della città, da cui promana, secondo il mutare del tempo e delle stagioni, un’atmosfera di grandiosa bellezza.
Non soltanto queste le attrattive del luogo, descritte in forma pittorica da artisti e viaggiatori degli ultimi secoli, perché la città ha anche una disposizione urbanistica moderna ed è pervasa da una attività molteplice e viva, che peraltro meriterebbe di esser meglio indirizzata verso sviluppi economici e sociali più vasti. In questo ambiente, ricco anche delle memorie di vetuste civiltà e testimone della pietà dei Santi di Taureana e di monte Aulinas, da quattrocento e più anni si celebra una festa che ha un significato religioso e folkloristico altamente suggestivo.
È questa la festa della Varia che, con quella della Madonna della Lettera e del Sacro Capello della Vergine, forma il complesso delle feste patronali dell’ultima domenica di agosto.
Legata al culto della Madonna delle Lettera, la Varia ha assunto un’importanza preponderante sulla stessa festa da cui ha tratto nascimento o cui si è innestata, derivante dalla natura che essa ha di simboleggiare, in forme esteriori e sceniche, l’ascensione della Vergine al cielo. Ed è in forza di questo valore simbolico che i palmesi hanno mantenuto vivo il culto della loro Patrona, la Madonna della Lettera. Ma tale rappresentazione ha una perennità in quanto essa avviene in forma di una gigantesca macchina-carro che, pur a vendo esempi, forse di più remota età altrove, qui, in Palmi, essa ha mantenuto le sue forme genuine e vive, quelle che appunto la rendono espressione di sentimento religioso, ma anche espressione della vita del popolo e della sua storicità. Vi sono manifestazioni religiose che resistono al tempo e si tramandano di secolo in secolo; ve ne sono altre che decadono e scompaiono. Tra le prime ve ne sono in Italia di celebri, quali la processione dei “Ceri” di Gubbio, dei “Gigli” di Nola o quella del “Mistero” di Campobasso o delle “Palme” di Nulvi o il trasporto della “Bara” di Messina o della Varia di Palmi. Si tratta di carri votivi e di carri scenici, in cui l’idea religiosa ha trovato modo di attuarsi in forme costruttive e apparati decorativi in relazione alla diversità dei luoghi, dei moventi e del genio delle popolazioni.
La Varia di Palmi è un grandioso carro scenico che vuol raffigurare la Vergine che, dal vuoto, ascende al cielo in cima ad una nuvola fulgente, accompagnata dal roteare degli astri e dal volo leggiadro dei cherubini. Fra le bare, rinomate sono quelle di Messina, di Seminara e di Palmi consistenti in enormi altissime macchine che contengono il cataletto della Vergine con attorno i 12 Apostoli e sorreggono in alto il sole, la luna e vari organi di angeli: e più in alto, al sommo, Gesù Cristo (ora c’è il Padreterno, N.d.R.) col braccio teso verso la Vergine. L’origine della Varia di Palmi si suole ricondurre alla “Bara” di Messina, che ha forme costruttive ed adornamenti molto simili e che si vuole ideata e costruita da un architetto calabrese, tal Radese, con la quale si volle anche solennizzare, nel 1535, l’ingresso nella città peloritana dell’imperatore Carlo V.Ma più che ad una creazione di quegli anni, l’ideazione dei carri di Messina e di Palmi si può meglio far risalire ad epoche anteriori a quelle stabilite dagli scrittori regionali e, precipuamente, negli archetipi che venivano costruiti in Toscana nel secolo decimo quarto e che sono ricordati sotto il nome di “Nuvole” di Francesco La Cecca e degli “Ingegni“di Filippo Brunelleschi.Più che dovuta ad un rapporto di derivazione stilistica personale, bisogna considerare la costruzione di simili macchine come avvenuta e determinata per suggestione psicologica in un’atmosfera religiosa e artistica formatasi in epoca umanistica e rinascimentale. Questo insieme meccanico, artistico e finalistico ha una essenzialità che la rende particolarmente sempre nuova e bella, tale da generare la sua persistenza nel tempo. Tale essenzialità deriva dal fatto che la
Madonna che ascende al Cielo, altrove, come a Messina, raffigurata da un simulacro, a Palmi invece è impersonata da una creatura viva, l’animeddha“. E così gli angeli sono bambine vive (oggi sostituite in parte da bambole, N.d.R.), leggiadramente acconciate in sembianza di angeli trasportati in una nube candida ed evanescente.
La presenza appunto di questi esseri vivi sulla macchina sacra e procedenti su di essa in un rapido trionfo lungo la via principale della città, costituisce la singolarità della Va ria di Palmi, che altri elementi caratteristici contribuiscono a rendere spettacolo unico e meraviglioso; perché essa è insieme carro sacro e allegoria, macchina ed espressione di arte popolare, simbolo e sentimento. Essa, la Varia, è qualcosa altro ancora, perché è l’anima stessa della città, che affida ad una macchina le sue creature vive e, con un rito antico e solenne, la sua “animeddha“, cioè la sua fanciulla più bella e più povera.
Il carattere di originalità del carro scenico di Palmi è confermato anche dal particolare modo di trasporto. Altrove vengono impiegati, per il traino, animali o anche mezzi meccanici moderni, mentre nella cittadina calabrese il trasporto avviene a forza di braccia, da parte di alcune centinaia di giovani disposti a grandi travi di spinta e a lunghe funi. Vestiti di bianco, a piedi scalzi e con una fascia a tracolla, essi, come per voto, spingono (‘mbuttano) la pesantissima mole di grandi tronchi della base (u cippu)e l’aerea-ossatura di ferro che costituisce lo scheletro della “nuvola” della Varia, che reca sul più alto vertice, librata in celestiale gesto , la Vergine , cioè” l‘animeddha“.
Al trasporto partecipano anche, come si è detto, altre centinaia di persone disposte a delle lunghe funi di trazione e tutte protese a ripetere il prodigio di questo trionfale giro per il “Corso” della città. È appunto questa partecipazione unanime (di quelli che spingono a spalle la Varia o di quelli che tirano le funi o di quelli che assistono ) , questa collettiva gioia che ha aspetti d’invasamento orgiastico, questa ansia che ha per centro di attrazione e di irradiazione la figura della Vergine viva , alta ondeggiante nel vasto mareggiare di una folla immensa, formano degli attimi che s’incidono nello spirito e che perpetuano, attraverso le generazioni, il significato ed il sentimento della celebrazione.
Altre manifestazioni rendono ancora più ricca e varia la festa della Varia, come la processione del Sacro Capello e le funzioni dell’ottava in onore della Madonna della Lettera, il culto della quale è stato oggetto di particolari decreti di Vescovi e di bolle di Pontefici.
Queste manifestazioni hanno caratteri di affinità con quelle che vengono fatte a Messina pure per la Madonna della Sacra Lettera e per il Sacro Capello. Il trasporto del Sacro Capello viene fatto l’ultimo sabato di agosto e l’argentea reliquia contenente i capelli della Madonna, donati a Palmi dai maggiorenti della città di Messina in un anno imprecisato della seconda metà del 1500, viene portato a spalla dai Marinai della Confraternita di S.M. del Soccorso.
Il modo con cui avviene la processione è quanto mai caratteristico, perché il trionfino con la Sacra Reliquia vien fatto procedere per le vie della città a passo di danza tal che esso, addobbato com’è da vari adornamenti e lampade, si presenta come un castello di bastimento oscillante sulle onde. Tale movimento impresso a “u Capillu” dai portatori ha verosimilmente, il significato di ricordare ed imitare il moto delle onde del mare, perché attraverso il mare avvenne il trasporto quella volta che il Sacro Cimelio fu portato da Messina alla marina di Palmi.
Anche la stessa effigie della Madonna della Lettera che viene venerata nella Chiesa Matrice di Palmi indica la derivazione stilistica oltre che religiosa dal quadro ligneo del Duomo di Messina. E tale comunità di riti e di Costumanze trovano la loro spiegazione nei vincoli e nelle relazioni commerciali che si svolgevano a Messina e la piccola città calabrese, in seguito alle quali o parallelamente si stabilirono in Palmi colonie di mercanti e di artigiani e con essi, come ai tempi della colonizzazione della Magna Grecia, anche i simulacri degli dei e dei culti. La festa patronale di Palmi, che ha la sua espressione esteriore più alta e simbolica nella macchina della Varia, si è andata, attraverso i secoli, sempre sviluppando, attingendo il suo splendore nel 1700. In tempi posteriori ha avuto periodi di decadimento e di intiepidamento, in relazione a cause storiche generali e locali; ma è sempre sopravvissuta. Essa è risorta, come è risorta la città dove si celebra, la quale, atterrata nel passato da terremoti e pestilenze, ha mantenuto la sua vitalità, affermando sempre più la sua funzione geografica – storica .
La festa della Varia ha accompagnato quel moto di incessante progresso che ha caratterizzato la città in questi ultimi secoli e per il quale essa, che è l’erede di città illustri scomparse o decadute che si sono avvicendate nella loro funzione economica o politica o culturale, è andata assumendo il rango e la fisionomia di una piccola città e di capoluogo di quella operosa e fertile regione che è la Piana di Palmi .