Morano per la sua morfologia di cono punteggiato dalle case che si innalza verso il cielo, è facilmente assimilata a una suggestiva immagine del presepe. Una iconografia straordinariamente in sintonia con le opere d’arte di soggetto religioso che la cittadina custodisce, sempre più accuratamente dopo i trafugamenti sopportati in passato.
Oltre 500 anni fa un feudatario generoso, chiamò Bartolomeo Vivarini da Venezia a Morano, piccolo centro davanti al massiccio del Pollino o forse commissionò l’opera all’artista e l’opera giunse per mare da Venezia.
Nel 1452 la munificenza del duca di S. Marco Argentano, Antonio Sanseverino, rese possibile a Morano, uno dei suoi possessi feudali, la fondazione del monastero degli Osservanti dedicato a San Bernardino da Siena, ma la cui chiesa doveva essere solennemente consacrata solo trent’anni più tardi.
San Bernardino a Morano è uno dei monumenti più significativi di un cospicuo gruppo di chiese conventuali molto simili tra loro, costruite a quell’epoca in Calabria quasi simultaneamente e di cui fanno parte, per citare solo qualche esempio di rilievo oltre a S. Bernardino a Morano, S. Domenico a Cosenza, S. Francesco a Gerace, S. Annunziata a Tropea e S. Bernardino ad Amantea.
L’interno rinnovato della chiesa, ad una sola navata, è nettamente delimitato da un arco trionfale leggermente ogivale e sporgente nella navata dal presbiterio quadrato con copertura a vela. All’esterno svetta il campanile che sporge oltre il risalto dell’abside.
Tra i tesori artistici della chiesa, scampati non si sa come a mille pericoli, accanto alla espressiva croce di legno – che ha ora avuto finalmente, come quella nella chiesa parrocchiale di Zumpano, una dignitosa sistemazione sopra una traversa inserita come un’architrave all’altezza dell’attacco dell’arco trionfale – e al soffitto a cassettoni lignei riccamente dorato (circa 1538), figura anche una grande e pregevole tavola d’altare. Come si legge nell’iscrizione sul trono della Madonna “stud opus factum est Venetiis per Batholomeum Vivarium de Murano, la tavola è opera di Bartolomeo Vivarini, rampollo di una famiglia di pittori residenti a Murano, e fu dipinta nella città lagunare nel 1477.
Come il fratello Antonio, Bartolomeo era artista noto e stimato oltre i confini della limitata patria di origine e proprio nell’Italia meridionale esiste un considerevole numero dei suoi dipinti migliori – in Calabria un altro si trova nella chiesa parrocchiale di Zumpano – a riprova dell’alta considerazione di cui godeva.
Una cornice gotica dorata riccamente intagliata circonda e suddivide la grande tavola.
Tutte le persone, ritratte a figura intera, o solo a mezza figura – in parte perfino in forma allungata – si staccano con forza dal fondo dorato. Il centro dominante è rappresentato dalla Madonna in trono col Bambino, avvolta in un brillante mantello azzurro, che, leggermente scostato sul petto lascia intravedere la veste rossa, la stessa che in basso, oltre l’orlo del mantello, si ravvolge in ricche pieghe.
Due religiosi devotamente inchinati fiancheggiano la Madonna. Alla sua destra S. Francesco regge con una mano la lunga asta della croce, nell’altra un libro chiuso; alla sua sinistra S. Bernardino il quale mostra con una mano a chi guarda una tavola con la scritta «Jesus» e nell’altra tiene anch’egli un libro chiuso.
Al di sopra della parte centrale ora descritta, la cui grande composizione supera le altre, sono raffigurati: il Messia crocifisso; alla sua sinistra, con un ramo di giglio S. Antonio; a destra S. Luigi d’Angiò: sopra la tonaca la stola ornata dei gigli di Francia; la mitra e il pastorale ricordano la sua dignità di vescovo (di Tolosa).
Sui due lati della parte centrale si trovano degli stretti trittici disposti verticalmente. Su quello di sinistra si susseguono dall’alto in basso Giovanni Battista, S. Nicola di Bari in paramenti vescovili con il pastorale nella mano destra e tre pani nella palma della sinistra e ancora S. Caterina che stringe una parte della ruota – simbolo del martirio. Sul trittico di destra, nello stesso ordine, si osservano S. Bonaventura in vesti cardinalizie con il modello della chiesa conventuale, S. Agostino in paramenti vescovili e con le insegne della sua dignità, e infine S. Scolastica, badessa con il pastorale.
La parte inferiore della tavola mostra a mo’ di predella una figurazione del Signore con i dodici Apostoli, ognuno sormontato da un arco. Al centro, in un arco molto più largo degli altri, Cristo fiancheggiato dai Principi degli Apostoli.