Enrico Vanzina, personaggio molto noto nel mondo del cinema italiano, oltre che sceneggiatore e regista, è anche scrittore.

Il suo ultimo libro, La sera a Roma, godibilissimo affresco di una Capitale un po’ vera e un po’ romanzata, si snoda all’interno di una trama gialla.

Recatosi a Reggio Calabria a presentare il suo libro ha scoperto una città insospettata. 

Ecco come l’ha raccontata nella sua rubrica domenicale sul Messaggero di Roma

Sto andando in giro per l’Italia come una trottola a presentare il mio nuovo romanzo. Viaggi brevi, scappa e fuggi. Viaggi molto faticosi. Ma poi, ogni volta, mentre torno a Roma, mi accorgo che questi tour de force hanno arricchito il mio bagaglio di esperienza umana. E’ successo per esempio, la settimana scorsa quando mi sono recato a Reggio Calabria dove il bravo regista Mimmo Calopresti ha presentato il mio libro al Reggio Film Fest.

Era la seconda volta che andavo nel capoluogo calabrese, punta estrema dello stivale, un luogo un pò dimenticato e sottovalutato. Invece si tratta di una città bella e interessante Adagiata sul mare, faccia a faccia con la costa siciliana di Messina, possiede un fascino particolare. Innanzitutto il suo lungomare, quello che Gabriele D’Annunzio definì “il più‘ bel chilometro d’Italia”.

Forse non lo è, ma resta comunque un lungomare incantato, diviso in due da alberi secolari e con una vista mozzafiato che spazia in lontananza fino all’imponente sagoma dell’Etna. Quando è inverno si parte con lo sguardo dalle palme, si attraversa il mare azzurro e sullo sfondo si  vede la cima dell’Etna innevata.

Una meraviglia assoluta. Le palazzine che si affacciano su questo lungomare sono basse, di proporzioni perfette, con piccoli balconi in ferro battuto, tipici dell’architettura del sud. Insomma Reggio Calabria “e” il Sud, con i suoi colori, i suoi profumi e quella trasandata bellezza che trasmette una dolce malinconia. La cosa sensazionale di Reggio Calabria è naturalmente il Museo Archeologico Nazionale, dove sono conservati i due famosi Bronzi di Riace.  Nel Museo c’è molto di più, altre statue, vasellame, monete, reperti dei tempi della Magna Grecia. Ma i Bronzi sono le star assolute.

E a giusto titolo. lnsieme a un gruppo di giovani cineasti ho avuto il piacere di visitarli in privato, sotto la guida di Giacomo Oliva, direttore del museo, il quale ci ha incantati con i suoi preziosi racconti, tra storia, leggenda, archeologia, arte in generale e addirittura un pizzico di filosofia.

Una visita sensazionale. Iniziata nella camera di decontaminazione dove chi si reca dai Bronzi deve sostare per un paio di minuti per evitare d’introdurre all’interno germi e sostanze inquinanti. Poi la porta scorrevole si apre e ti ritrovi in una delle sale più belle del mondo. I due Bronzi, si chiamano A e B, ti accolgono in tutto il loro splendore. Impossibile trattenere l’emozione di fronte a quelle due figure speciali. Ti vengono le lacrime agli occhi. Del quinto secolo avanti Cristo esistono appena cinque statue in tutto il mondo, e le due più belle sono li davanti a te. Ti fissano tu le fissi. E senti dentro di te scorrere il tempo, la storia, il destino degli uomini, la forza dell’arte, la potenza dei segni plastici, l’intelligenza creativa, il gusto, il mistero della vita.

I Bronzi sono l’Uomo alla massima potenza. Sono nudi, ma a sentirti nudo sei tu. Piccolo, fragile, mentre loro possiedono la forza della bellezza eterna. Quando si parla della Calabria si pensa subito alla ‘Ndrangheta. Invece bisognerebbe pensare a quelle due statue.

Non c’è partita. Sono più forti. Bronzi battono ‘Ndrangheta due a zero.

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