Lì dove sorgevano ruderi, fossi e scarpate sono stati creati prati, viali alberati, punti panoramici, laghetti e torrenti, luoghi dell’immaginario: labirinti e grotte, dolmen e totem, mosaici e scenari di pietra. Un parco di oltre 60 ettari
Aurelio Badolati
Buone notizie ce ne sono pure in Calabria. A Catanzaro, per esempio, è stata sottratta ai tentacoli della speculazione – edilizia molto probabilmente – una vasta area degradata recuperata invece a verde pubblico. É stato così che è nato il Parco della biodiversità mediterranea, “una bella realtà capace di coniugare divertimento e cultura che ha poche eguali in Italia” come afferma, con giusto orgoglio, l’on. Michele Traversa che di questa realizzazione è stato il testardo tessitore nel periodo in cui ha guidato la Provincia di Catanzaro, prima di approdare al Parlamento nazionale.
“Ma al di là delle bellezze naturali che contiene e delle proposte culturali che ospita, il Parco – sostiene l’on. Traversa – ha in sé un valore simbolico e oggettivo. Dimostra che con impegno, lavoro, determinazione e volontà è possibile cambiare.
Se si è riusciti in meno di tre anni a trasformare un’area di degrado in un grande parco naturale, dobbiamo ritenere che sia altrettanto possibile per la pubblica amministrazione cogliere risultati significativi nel mondo del lavoro, delle attività produttive, dell’ambiente o della cultura”. Una volta tanto, insomma, si può affermare che la politica ha saputo resistere alle pressioni di lobbies variamente organizzate mettendo al primo posto gli interessi della comunità.
Ma visitiamolo insieme questo Parco che ha impegnato uno stuolo di tecnici e progettisti, a cominciare da Antonio Garcea, veterano di tutte le battaglie per una ‘Calabria verde’.
Ad una straordinaria varietà di piante e fiori, alla spettacolarità delle aree verdi che si estendono per oltre 60 ettari, alle strutture dedicate all’intrattenimento e alla cura della fauna selvatica, si sono aggiunti nel tempo il percorso all’aperto di scultura contemporanea, con opere di maestri di fama internazionale, e il museo storico militare di grande interesse scientifico e didattico.
“Si è rimodellato completamente il paesaggio” dice l’ing. Pierluigi Mancuso che ha partecipato attivamente a concretizzare il progetto, “e lì dove sorgevano ruderi, fossi e scarpate sono stati creati prati, viali alberati, punti panoramici, laghetti e torrenti, luoghi dell’immaginario: labirinti e grotte, dolmen e totem, mosaici e scenari di pietra”.
E perfino i detenuti del Carcere di Siano, con un progetto speciale, hanno partecipato all’esecuzione dei lavori.
Una volta entrati nel cuore del Parco, lo sconfinato panorama è davvero mozzafiato. Prima, però, di raggiungere i poggi e i sentieri da cui si ammirano le vedute, a perdita d’occhio fino al mare, si passa attraverso l’imponente entrata, una macchia di verde nel cemento cittadino. Il primo impatto è con una ridente area dei giochi: qui un carosello di piante zoomorfe (un cervo, un delfino, una farfalla…) rallegra l’ingresso del Parco.
Da subito questo appare diviso in due grandi aree dall’imponente edificio del Museo storico militare al quale si accede attraverso una scala in pietra, in fondo ad un elegante giardino all’italiana.
Più in là, la piazzetta Nassiriya, dove trovano posto un labirinto circolare e la voliera dei rapaci, si apre alla colorata piazzetta Gaudì, preludio della zona acquatica del Parco, con il laghetto dei cigni e le ninfee. Proseguendo lungo una strada in salita, in un dedalo di sentieri verdi, spesso romantici, come il tunnel degli innamorati che, con il suo soffitto di glicine ripara da occhi importuni, superato un imponente murale, caratterizzato dai criptici e allusivi disegni di giovani writers, si raggiunge l’area fitness con annessa una pista di pattinaggio, che si estende per 2200 mq., dedicata a sportivi ma anche corridori della domenica.
Dall’altra parte, invece, si apre l’area del CRAS, l’innovativo Centro di recupero degli animali selvatici. Trovano posto, poi, nella zona adiacente la terza area giochi con il trenino e il mini go kart, il campo da bocce e l’area del ristoro. Addentrandosi, poi, nel cuore del Parco, ci si ricongiunge al museo open air di arte contemporanea e si raggiunge un teatro di 700 posti, studiato per le rappresentazioni all’aperto.
Ma la specificità del Parco è quella della biodiversità.
L’attenzione per le varietà locali delle specie agrarie del Mediterraneo, rappresenta una grande opportunità per sviluppare progetti di raccolta, conservazione e possibile utilizzazione. Sono circa 50.000 le piante, per lo più rappresentative della flora mediterranea, con cui l’area è stata sistemata a verde: frassini, pini, salici, ulivi, lecci e palme, arbusti di alaterno, alloro, lentisco e viburno, corbezzoli e ligustri, insieme a ciliegi, susini, peri e melograni, rosai arbustivi, rampicanti di glicine e bouganvillea, iris, bambù e papiri costituiscono la linfa vitale del Parco. Insomma è diventata realtà la suggestiva idea di partenza: la realizzazione di un grande “polmone verde” in grado di offrire vantaggi sia ambientali sia socioculturali (spazi aperti, vegetazione, aria pulita, opportunità di svago, educazione ambientale).
È stato possibile così porre un argine e una significativa inversione di tendenza alla crescente invivibilità determinata dall’imponente abusivismo edilizio, dalla cronica carenza di parcheggi, dal progressivo inquinamento dell’atmosfera, dalla continua alterazione del paesaggio, dalla eccessiva carenza di aeree verdi nel centro urbano. Non è stato un percorso decisionale tranquillo e il dibattito in città tra incomprensioni e diffidenze, ha avuto talvolta anche toni aspri, ma stavolta la buona politica ha scacciato quella cattiva.