La struncatura, in dialetto calabrese struncatura, è un piatto tipico della cucina calabrese, e in particolare delle città della Piana di Gioia Tauro. Sebbene attualmente sia diffusa in tutta la Calabria, la zona di maggiore vendita e consumo è da considerarsi la fascia tirrenica della Provincia di Reggio Calabria. La componente principale del piatto è una pasta realizzata con i residui di farina e crusca della molitura del grano. Il frumento integrale e la segale le conferiscono il suo aspetto ruvido e grossolano, grazie alla forma e al suo particolare impasto trattiene molto bene il condimento. La pasta viene generalmente condita con ingredienti tipici della tradizione contadina quali olio extravergine di oliva, aglio, peperoncino calabrese, alici, e mollica di pane tostata. Che sia da secoli un piatto della tradizione culinaria della provincia reggina, lo dimostra il fatto che ad oggi essa è una delle portate principali di ristoranti tipici, nonché piatto principe di occasioni conviviali, feste e sagre, una delle quali si svolge a Palmi, l’altra a Gioia Tauro. La sua importanza per la tradizione del territorio, è data dal fatto di essere stata addirittura scelta per rappresentare parte del ricco patrimonio culinario calabrese al padiglione Rai di Expo 2015. Attualmente essa è prodotta da diversi pastifici artigianali sparsi nei vari centri della Piana.
Origini
Le origini della stroncatura sono molto antiche, essa giunse in Calabria con gli amalfitani che da secoli intrattenevano rapporti commerciali con la Calabria.
È importante rilevare che intorno alla fine del 1800 nella Piana di Gioia Tauro, attivissima zona commerciale, si riscontrava una presenza cospicua di commercianti di pasta provenienti dalla Costiera Amalfitana come risulta dall’Annuario d’Italia del 1895.
Gli amalfitani probabilmente cominciarono a diffondere questo prodotto originariamente destinato agli animali. Divenuto dapprima piatto della cucina povera, è oggi un patrimonio culinario di tutta la zona. In alcuni centri pianigiani la “struncatura” vanta un’antica e gloriosa tradizione, e questo la rende appunto “piatto tipico della cucina della Piana”. La tradizione tramanda che i pastifici utilizzavano le “scopature” di magazzino cioè raccoglievano da terra i residui misti di farina e crusca delle operazioni di molitura del grano. Successivamente venivano impastati dando luogo ad un tipo di pasta dal colore scuro chiamata, appunto, struncatura che era venduta a prezzi molto bassi. Essendo destinata agli animali, per motivi igienici fu proibita per l’alimentazione umana, ma continuò comunque ad esser venduta in alcune botteghe del posto, quasi come fosse merce di contrabbando. Per il suo bassissimo costo era consumata dalle classi sociali meno abbienti, e per correggere o attenuare il grado di acidità veniva condita con salse molto piccanti o con acciughe salate. Attualmente, la sua ricetta è stata riscoperta e adeguata alla normativa vigente. È prodotta da pochi pastifici artigianali con ingredienti di qualità come il grano duro, segale e la farina integrale.