Un nido di memorie in fondo a l’anima
cantava un giorno, ed ei con vere lacrime
scrisse, e i singhiozzi il tempo gli battevano!”
(Pagliacci, Prologo)
Ilaria Reggiani
Montalto Uffugo è un comune di circa 20.000 abitanti situato a nord di Cosenza che vanta antiche origini risalenti a prima dell’Impero Romano. Tra i vari personaggi storici che ha ospitato, il più amato è senz’altro Ruggero Leoncavallo, compositore napoletano vissuto fra il 1858 e il 1919, autore della celeberrima opera lirica “Pagliacci”. Sono in pochi a conoscere il particolare rapporto che intercorse fra Leoncavallo e la città di Montalto, dove trascorse parte della sua infanzia. La permanenza, seppur breve, influì in maniera determinante sulla carriera del compositore. In particolar modo una vicenda di cronaca nera, di cui si vocifera sia stato testimone oculare, gli fornirà lo spunto per la composizione di “Pagliacci”.
Nel melodramma troviamo Canio, un attore itinerante, che giunge con la sua compagnia in un paesino del Sud Italia, Montalto Uffugo per l’appunto. Qui scopre che la moglie Nedda lo tradisce con un contadino del luogo. Canio è sconvolto dalla gelosia e dal dolore per il tradimento subito, ma lo spettacolo deve andare avanti e si prepara ad esibirsi come Pagliaccio in una commedia. Il caso vuole che anche il tema della rappresentazione sia il tradimento, così Canio confonde finzione con realtà e in preda alla rabbia uccide la moglie e l’amante di lei.
La versione reale della vicenda, diversa nei fatti eppur analoga nel far perno intorno al sentimento di una incontrollabile gelosia, avviene nel 1865. Il padre del compositore, Vincenzo, deve svolgere il suo incarico di magistrato e ha bisogno di un tutore che sorvegli il figlio. La scelta ricade sul domestico Gaetano Scavello, lo sfortunato protagonista di questa vicenda. Egli, infatti, è perdutamente innamorato di una ragazza del paese, la quale è però contesa da un altro uomo, il calzolaio Luigi D’Alessandro. Un giorno di marzo, Gaetano, passeggiando per un sentiero della campagna di Montalto vicino alla fontana detta “del somaro”, vede la giovane assieme al garzone della famiglia D’Alessandro dirigersi verso la casa coloniale del rivale. Infastidito, si avvicina ai due per chiedere spiegazioni, ma il garzone si rifiuta di rispondere. Allora Gaetano, preso dalla rabbia, lo frusta sulle gambe con un ramo di gelso. Il gesto, che viene prontamente raccontato a Luigi e al fratello Giovanni, fa andare su tutte le furie i due uomini che decidono di dare una lezione a Gaetano. L’occasione fa presto ad arrivare, quando una compagnia di pagliacci che era solita riunirsi a Montalto mette in scena uno spettacolo. I due fratelli si presentano all’uscita del teatro e nello scontro che segue Gaetano viene accoltellato.
Il ricordo di quegli anni e della tragedia rimase così impresso nella memoria di Leoncavallo che, divenuto celebre compositore, in pochi mesi, scrisse il suo capolavoro, rappresentato per la prima volta a Milano, sotto la direzione artistica del maestro Arturo Toscanini. Il Consiglio comunale di Montalto l’11 gennaio del 1903 conferiva a Ruggero Leoncavallo la cittadinanza onoraria, in segno di gratitudine. Un’altra prova dell’affetto del musicista verso i Montaltesi si ebbe in occasione del terremoto del 1905, quando devolveva i proventi della sua Ave Maria a favore della cittadinanza. Morì il 9 agosto del 1919; una lapide a lato del Palazzo Municipale lo ricorda ancora oggi. Ogni anno si tiene un festival dedicato al Maestro e l’8 luglio 2007 è stata rappresentata per la prima volta l’opera “Pagliacci”, integralmente, sulle scale del duomo della Madonna della Serra, con la regia di Maria Francesca Siciliani e l’interpretazione, oltre che di professionisti, di personaggi presi tra la popolazione.