Alfonso Picone Chiodo

È molto forte il legame tra le popolazioni aspromontane e questo luogo, quasi come tra i musulmani e la Mecca: almeno una volta nella propria vita è quasi un obbligo recarvisi!

Da antichi tempi giungevano dalla Calabria e dalla Sicilia, numerose carovane di devoti. Alle cavalcature di una volta si sono sostituite automobili o camions rusticamente attrezzati con panche nei cassoni. Ogni paese compie il pellegrinaggio in carovana secondo un preciso calendario che da giugno ai primi di novembre regola in parte l’afflusso dei fedeli.

Tuttavia tra il 30 agosto e il 2 settembre, quando ricorre la festa, le presenze si contano a migliaia trasformando l’anfiteatro naturale in cui è posto il Santuario in una enorme “arena” di grida, canti, balli, odori, gesti, colori. Tutto ciò trasporta il visitatore nell’atmosfera d’un tempo passato.

Lungo il torrente, infatti, fino a pochi anni fa, erano uccise diecine e diecine di capre il cui sangue tingeva di rosso l’acqua. E in un luogo dove mancava l’energia elettrica macellare sul posto le bestie era l’unico sistema per offrire carne fresca ai pellegrini.

Enormi fuochi sono accesi e poi sulla brace, con paziente maestria, si cuociono chili e chili di carne. Il pranzo pantagruelico è uno dei riti del pellegrinaggio. Prosegue per l’intero pomeriggio in un susseguirsi di pietanze come per sconfiggere una fame atavica. Al pranzo si accompagnano balli, al suono di organetto e tamburello, e i danzatori partecipano con intensità e trasporto. Spesso, quando il ritmo della tarantella diviene più frenetico, anche i suonatori sembrano cadere in trance, mentre ai suoni pagani si mescolano quelli sacri della recita del rosario e delle antiche litanie intonate dalle donne.

Fino a qualche decennio fa Polsi era raggiungibile solo attraverso sentieri e mulattiere. Ma questo per i pellegrini non costituiva un ostacolo, avvezzi, come tutti i calabresi, a camminare. E il cammino stesso era un preludio alla festa che si sarebbe celebrata a Polsi. A mano a mano che i diversi sentieri confluivano nel vallone della Madonna aumentavano gli incontri fra i pellegrini provenienti dai vari paesi, e le piccole botteghe dove bere qualcosa (i putichej) e con una “rota” di ballerini impegnati in tarantelle cariche di simboli.

Splendide le pagine di Corrado Alvaro, Francesco Perri, Mario La Cava, Fortunato Seminara ed altri scrittori dove quest’umanità in festa è descritta.
A partire dagli anni ’40 è stata realizzata una viabilità più agevole per le auto. Tuttavia gli interventi episodici e le difficoltà opposte da un territorio in forte dissesto idrogeologico, fanno sì che raggiungere Polsi in auto costituisca un viaggio difficoltoso.

Sono ancora numerosi però i fedeli che ritrovano ancora oggi l’intima essenza del pellegrinaggio recandosi a Polsi a piedi, meglio se in carovana.

 

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