In un tempo remoto la Calabria fu un arcipelago coperto da una folta vegetazione di palme e banani… Antica, dunque, è pure la nostra vocazione turistica.

 La nostra è terra di sorprese. Così scopriamo che un po’ delle Alpi sta adagiato da milioni di anni sul nostro Appennino. La pressione del Nord sul Sud è antica…

 La nascita della terra risale a 5 miliardi di anni fa, quella della Calabria a 200 milioni. Dunque una regione giovane e, come tutti i giovani, di carattere instabile…

 

 Vincenzo Perrone

 «Quando fu il giorno della Calabria Dio si trovò in pugno 15.000 Kmq. di argilla verde con riflessi viola. Pensò che con quella creta si potesse modellare un paese di due milioni di abitanti al massimo. Era teso in un maschio vigore creativo il Signore, e promise a se stesso di fare un capolavoro. Si mise all’opera e la Calabria uscì dalle sue mani più bella della California e delle Hawaii, più bella della Costa Azzurra e degli arcipelaghi giapponesi.

«Diede alla Sila il pino, all’Aspromonte l’ulivo, a Reggio il bergamotto, allo Stretto il pescespada, a Scilla le sirene…, a Palmi il fico…, a Cirò il vino, a Rosarno l’arancio…. a Vibo il fiore, a Tiriolo le belle donne…, alle montagne il canto del pastore, alle spiagge la solitudine… Poi distribuì i mesi e le stagioni alla Calabria. Per l’inverno concesse il sole, per la primavera il sole, per l’estate il sole, per l’autunno il sole… Volle il mare sempreverde, la rosa sbocciante a dicembre, l’acqua abbondante, il profu­mo delle erbe inebriante.

«Operate tutte queste cose nel presente e nel futuro il Signore fu preso da una dolce sonnolenza, in cui entrava il compiacimento del Creatore verso il capolavoro raggiunto. Del breve sonno del divino approfittò il diavolo per assegnare alla Calabria le calamità: le dominazioni, il terremoto, la malaria, il latifondo, le fiumare, le alluvioni…, la siccità, l’analfabetismo, l’omertà, la miseria, l’emigrazione ».

E in questo modo che Leonida Repaci immagina la nascita della Calabria e… dei mali che l’affliggono.

La nascita della Calabria risale a milioni di anni fa. I geologi, infatti, il tempo lo misurano così dal momento che la stragrande maggioranza degli eventi che studiano avvengono appunto nel corso di milioni di anni.

 All’anagrafe geologica la data di nascita della terra é posta intorno a cinque miliardi di anni fa, quella della Calabria all’incirca a 200 milioni di anni fa, momento in cui iniziarono quei processi geologici che hanno portato alla formazione della regione. È dunque una terra giovane e, come si dice di tutti i giovani, forse si agita un po’ troppo; ne sappiamo qualcosa quando la sentiamo tremare sotto i piedi. È questo, la giovinezza, il motivo di fondo, la causa principale da cui derivano i problemi geologico-ambientali della Calabria. Le catene montuose geologicamente giovani, come le Alpi e gli Appennini, rappresentano sulla superficie terrestre, delle aree instabili.

I terremoti, l’intensa erosione, le frane, non sono altro che alcuni degli eventi attraverso i quali l’equilibrio tende a ristabilirsi. Perché questo equilibrio si ristabilisca ci vorranno, ovviamente, milioni di anni. Fra alcune centinaia di milioni di anni possiamo immaginare una Calabria senza più terremoti, spianata dall’erosione, in cui scorrono fiumi lenti e pigri, un paesaggio simile a quello delle pianure africane in cui vediamo muoversi leoni ed elefanti.

Ma ritorniamo alla nascita della Calabria e ripercorriamo questi 200 milioni di anni, un po’ velocemente. A quei tempi le carte geografiche erano molto diverse da quelle di oggi e assai più facili da ricordare: c’era un unico grande continente, il Pangea, circondato da un unico grande mare, il Pantalassa. Le cose, però, cambiano velocemente; sotto la spinta di forze che agiscono all’interno della terra e che sono le responsabili di quanto avviene in superficie, il Pangea, quest’unico continente, comincia a fratturarsi. I frammenti che così si formano e che divengono via via più nu­merosi nel corso dei milioni di anni, si muovono l’uno rispetto all’altro, vanno alla deriva. Nascono così anche l’Oceano Atlantico e quello Indiano.

A noi interessano i movimenti del continente Europa-Asia e di quello africano, essendo l’area mediterranea compresa tra i due. In un primo momento, fino a circa 70 milioni di anni fa, i due continenti si allontanano sempre più. Ma più tardi le cose cambiano: dopo una fuga durata ben oltre cento milioni di anni l’Europa rallenta: é l’Africa che ora va più veloce e tende a recuperare lo spazio perduto. L’Oceano Tetide, interposto tra i due, viene ad essere compresso e con il passare del tempo si riduce sempre più.

A partire da 45 milioni di anni fa l’Africa conclude il suo lungo inse­guimento prima accostandosi e poi scontrandosi con l’Europa. Accade così che il margine continentale europeo si deformi e su di esso si accavallino enormi frammenti di crosta provenienti dall’antico oceano e dal continente africano. Si forma così, all’incirca 20-25 milioni di anni fa, una lunga catena di montagne, di cui fanno parte le Alpi che non sembrano avere alcunchè a vedere con la Calabria. Ma la nostra terra, si sa, è terra di sorprese e le Alpi ci sono anche in Calabria, come vedremo fra poco.

La spinta dell’Africa contro l’Europa, infatti, non si esaurisce con la costru­zione delle Alpi, ma continua e per effetto di essa, a partire da 25 milioni di anni fa, comincia a formarsi un’altra serie di catene montuose di cui fanno parte gli Appennini. È in questo mo­mento che un frammento di Alpi si va ad accavallare sull’Appennino in via di for­mazione.

Nel cosiddetto Appennino calabrese sono così presenti due catene montuose sovrapposte una sull’altra: quella che sta sopra é un pezzo di Alpi e come tale é completamente diversa dagli Appennini. È veramente impressionante raccogliere delle rocce in Catena Costiera o in Sila e riscoprirvi gli stessi identici eventi, magari avvenuti decine o centinaia di milioni di anni fa, che si possono rintracciare in rocce prelevate in Piemonte o in Val d’Aosta. Sembra tutto una favola ma é così.

II malcapitato Appennino calabrese, quindi, vive da una ventina di milioni di anni con sulle spalle il pesante fardello rappresentato da un pezzo di Alpi spesso alcune migliaia di metri; la pressione del Nord sul Sud è antica… Esso riesce a venire a giorno solo in poche aree, come le Terme Luigiane, Monte Cocuzzo, i Bagni di Caronte. È facile riconoscerlo essendo formato da calcari, che danno belle pareti ripide e con aspetto molto aspro.

Le “Alpi Calabresi”, al contrario delle Alpi in senso stretto, infatti, non hanno un aspetto a guglie, pinnacoli, piramidi e pareti verticali su cui rischiare la pelle da soli o in cordata. Esse sono tutto un susseguirsi di groppe e mammelloni dai dolci pendii; ricordano la montagna nordica, scandinava, dice Piovene nel suo Viaggio in Italia.

Cosa ha determinato quest’altro particolare carattere della regione? È successo che, dopo essere finite addosso al povero Appennino, le Alpi Calabresi hanno rappresentato per alcuni milioni di anni, all’incirca tra i 20 e i 12 milioni di anni fa, un insieme di isole, strette e allungate più o meno come la penisola attuale, che emergevano dal mare di allora. Il clima era diverso da quello di oggi: un sole caldo e piogge, brevi ma abbondanti, lungo tutto il corso dell’anno, come nelle regioni tropicali attuali. Una folta vegetazione con palme e banani ricopriva completamente queste isole orlate da spiagge di sabbia bianca o rasa e da barriere coralline, un vero paradiso per il Club Mediterranée di allora; anche la vocazione turistica della nostra terra é antica…

Per effetto di queste condizioni climatíche le rocce granitiche o metamorfiche che costituiscono le Alpi Calabresi si sono alterate profondamente; da rocce molto tenaci “é duro come il granito”, si dice comunemente – si sono disgregate e trasformate in un sabbione incoerente con un’elevata frazione argillosa.

La storia recente della Calabría é caratterizzata da un intenso sollevamento; negli ultimi due milioni di anni l’Aspromonte, ad esempio, si é sollevato di circa 1500 metri, che é moltissimo se si pensa che le aree più stabili d’Italia, come il Salento, nello stesso periodo di tempo, sono salite di soli 100 metri. Quanto più un’area si solleva velocemente tanto più intensamente essa viene attaccata dall’erosione; montagne e colline non sono altro che il frutto di questa lotta tra le forze interne della terra, che tendono a sollevarle, e quelle esterne, come l’acqua ed il vento, che tendono a spianarle, erodendole senza tregua. Nella nostra regione il velocissimo sollevamento innesca un’intensissima erosione, !e rocce, essendo profondamente alterate, non riescono ad opporre che pochissima resistenza ed ecco gli smottamenti, le frane, le alluvioni.

Vedremo un’altra volta il diavolo di nuovo all’opera; ne combina un’altra delle sue ai danni della nostra terra: í terremoti.

 

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