In una zona dimenticata della valle del Torbido è fiorito il deserto.
E’sorto un centro d’arte tra i più originali d’Europa: il Museo Santa Barbara.

L’hanno creato Nik ed Hiske


Enzo Romeo

Se cercate l’elisir dell’eterna giovinezza andate sulla sponda settentrionale del Torbido, una delle fiumare che graffiano il verde delle forre aspromontane e corrono luminescenti fino allo Jonio. Prima di giungere al paese di Mammola troverete il Museo Santa Barbara.

Chiedete di Nik Spatari e fatevi dare da lui la ricetta.

Nik è un artista geniale e solitario, un gigante barbuto che ha raggiunto splendidamente il traguardo dei 90 anni. Sembra un personaggio uscito dall’antico testamento, simile anche nell’aspetto a quei patriarchi a cui spesso si è ispirato.

L’ex grangia certosina dove si è ritirato all’inizio degli anni ’70 è stato trasformato in un originale parco museale d’arte moderna. “Uno spirito creativo inquieto ed eretico”, lo ha definito una volta Bruno Zevi. Da bambino perse l’udito durante i bombardamenti alleati su Reggio e da allora i colori divennero il suo linguaggio: cominciò a dipingere sui muri delle case diroccate e dal dopoguerra ad oggi non ha smesso mai di cercare nuove forme espressive.

Da dove trae questa energia? Probabilmente dal fatto che pensa e agisce come se avesse davanti l’eternità. Perciò nel 2008 si è messo a costruire la sua nuova casa. Sorge in cima alla collina del parco e sembra la cabina di comando di un transatlantico che ha già la prua verso il largo. L’ha chiamata La Rosa dei Venti. Spatari si sente l’ammiraglio di una nave che solca il Mediterraneo e fa riemergere i segreti del Mare Nostrum. Come documenta L’enigma delle arti assistite, il libro in cui afferma che il grande flusso migratorio sviluppatosi nell’arco di millenni ha trasferito sulle sponde europee le civiltà asiatiche. I periodi greco, etrusco, romano, bizantino sono solo un effetto-riflesso di questo lungo solco fecondo e generatore. Non ha caso La Rosa dei Venti ha forme geometriche ispirate ai triangoli egizi e agli esagoni dell’oriente antico.

Un’abitazione-studio-monumento venuta su in economia, ovvero – come si usa dire oggi – secondo criteri ecologisti, utilizzando materiali di riporto recuperati sul posto: pietre dell’antico complesso certosino o prese negli alvei del Torbido  e del suo affluente Neblà. E poi, travi e legname dei vicini boschi, messi a contrasto con ceramiche colorate regalate a Nik da una ditta tedesca.

Dopo quasi quarant’anni, dunque, Nik e Hiske Maas – la sua inseparabile moglie-manager olandese – lasciano la loro prima dimora. Vi arrivarono col vento della beat generation, a bordo di un pullmino Volkswagen che sembrava uscito dal set del film Hair. Quella casa non era altro che un casello dismesso delle Ferrovie Calabro-Lucane. L’artista e la compagna lo occuparono e lo trasformarono in uno spazio ispirato all’architettura di Le Corbusier, che Spatari aveva conosciuto nel suo errare tra Parigi, la Svizzera e Milano. La scelta di ritirarsi nell’”eremo” di Santa Barbara fu dettata dall’idea di trasformare in luogo creativo un pezzo della terra dove Nik è nato e di cui è innamorato. Per questo ha pagato il prezzo di un parziale oblio, lontano da quei circuiti d’arte che si contendevano le sue tele dagli impareggiabili colori, capaci di trasfondere in linee moderne la forza primigenia.

A Santa Barbara Spatari ha fatto fiorire il deserto. Ha spazzato via i rovi, ha innalzato gruppi scultorei, scoperto resti romani e bizantini. Ha perfino fatto deviare il corso della superstrada Jonio-Tirreno, vincendo un’epica battaglia con l’Anas e la burocrazia. Una zona dimenticata e in abbandono è divenuta un centro d’arte tra i più originali d’Europa, sebbene ancora poco conosciuto e valorizzato. Su una superficie di circa settantamila metri quadri sono distribuite opere di artisti di tutto il mondo. Ma soprattutto sorgono le invenzioni artistico-architettoniche di Nik. Oltre al casello-alloggio, va citato il Camaleonte, una struttura concepita originariamente come sala incontri e mensa. O la foresteria, costruzione che serpeggia tra il verde, arricchita da un enorme mosaico ricco di colori e di rimandi storici, mitologici e religiosi. Capace di oltre venti posti letto, la foresteria è concepita per ospitare artisti e studiosi, ma anche visitatori interessati all’arte.

Di fronte c’è una scultura di ferro battuto alta 15 metri intitolata L’Ombra della Sera.

Ma l’opera più ardita rimane Il sogno di Giacobbe, 112 metri quadrati di dipinti su sagome di legno, applicate al soffitto e alle pareti dell’antica chiesa del complesso di Santa Barbara, di probabili origini paleocristiane. Un lavoro per molti versi autobiografico, perché l’artista si riconosce nella vicenda insieme drammatica ed esaltante del figlio di Isacco, tanto da dare a Giacobbe il proprio volto e a quello dell’amata Rachele il viso della sua compagna Hiske.

Secondo l’Esodo Giacobbe ebbe settanta figli ma solo uno, Giuseppe, fu il prediletto. Anche Nik e Hiske, come Giacobbe e Rachele, vorrebbero avere una discendenza. Per questo sono pronti a lasciare la Santa Barbara Art Foundation alla Calabria – figlia prediletta – perché diventi un parco artistico regionale. Un’occasione che sarebbe davvero peccato sciupare.

Nik Spatari è morto recentemente all’età di 91 anni.

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