Una delle pagine forse più misteriose della storia di Natuzza Evolo è proprio il processo che la Chiesa ufficiale del tempo decise di avviare nei suoi confronti nei primi mesi del 1940.
Il “processo” si aprì dopo una lunga serie di manifestazioni inspiegabili che Natuzza, allora ancora ragazza, viveva in prima persona nel corso delle lunghe sue giornate di lavoro.
Ciò che più sconvolgeva la Chiesa del tempo era la padronanza con cui Natuzza raccontava ai padroni di casa dei suoi continui dialoghi con la Madonna, e soprattutto la conoscenza che la ragazza diceva di avere dell’aldilà, del mondo dei morti, con cui raccontava di riuscire a entrare in contatto e dialogare direttamente con le anime defunte.
La cosa che più faceva impressione ai medici, antropologi ed esorcisti che andavano a trovarla per capire di più della sua vita, è la descrizione dettagliata e meticolosa che Natuzza forniva ai parenti dei defunti con cui entrava in contatto, e di cui riusciva a descrivere in maniera perfettamente reale e quanto mai verosimile persino l’abbigliamento con cui, una volta deceduti, erano stati vestiti e richiusi nella bara.
In alcuni casi, Natuzza riusciva persino a descrivere il colore e la piega della gonna di una donna morta quaranta anni prima, o anche il colore e il taglio dell’abito da cerimonia con cui un notabile del posto era stato sepolto. Impressionante e inspiegabile insieme.
Spesso capitava anche che la ragazza andasse in trance, ed era chiaro che questi fenomeni per nulla normali e per nulla ordinari allarmassero la Chiesa ufficiale. Fu così che, sulla scia anche dell’enorme emozione popolare che già allora Natuzza suscitava nelle folle in maniera anche straripanti, il Vescovo della Diocesi di Mileto, Mons. Paolo Albera, prende carta e penna e decide di rivolgersi direttamente a Padre Agostino Gemelli, per “chiedere a lui un consiglio sul cosa fare”, e un parere definitivo sulla posizione ufficiale che la Chiesa avrebbe dovuto prendere rispetto al fenomeno “Natuzza Evolo”.
È esattamente il 18 febbraio 1940. Alla sua lettera Mons. Paolo Albera allega anche una relazione dettagliata di tutto ciò che accadeva dentro le mura della casa dove Natuzza viveva, e che era stata redatta nei minimi dettagli da un sacerdote del luogo, don Francesco Pititto. Da questo momento, tra il Rettore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e il Vescovo di Mileto si sviluppa un intenso scambio epistolare. Da una parte, le diagnosi e le informazioni redatte in Calabria, e che tendono a riconoscere piena autenticità alle manifestazioni e ai racconti di Natuzza, dall’altra invece lo scetticismo proverbiale e le giuste riserve del mondo accademico e della ricerca scientifica.
È quasi immediata la risposta di Padre Agostino Gemelli a Mons. Paolo Albera, porta la data del 22 febbraio 1940. Lo rassicura che “studierà il caso”.
Ma il 29 giugno del 1940 accade un altro fatto straordinario.
È la festa dei Santissimi Pietro e Paolo, e Natuzza riceve in Chiesa a Paravati dal suo Vescovo il sacramento della Cresima, e proprio mentre il celebrante porge a Natuzza l’ostia consacrata la ragazza incomincia a stare male, ha forti tremori, lo sguardo stralunato, la mente confusa, immediatamente racconta di avvertire un brivido profondo lungo tutto il corpo, e sente qualcosa di gelido che le scorre sul davanti, poi improvvisamente sulla sua camicia bianca compare in maniera del tutto inspiegabile una grande croce di sangue.
Lo sconcerto è generale, la gente presente quel giorno in Chiesa grida al miracolo, e la notizia di quella croce di sangue formatasi da sola sulla camicetta bianca della ragazza, che aveva appena assunto il “corpo di Cristo”, fa il giro dell’intera Calabria.
È evidente che a questo punto il Vescovo della Diocesi non sa più come poter “leggere” o interpretare il mistero di Paravati. Come uscirne? Mons. Paolo Albera riprede allora carta e penna, e, questa volta a mano, scrive una nuova lettera personale e strettamente privata a Padre Agostino Gemelli.
È esattamente l’8 luglio 1940: “La Evoli dal 29 giugno scorso – scrive mons. Albera a Padre Gemelli sbagliando evidentemente il cognome della ragazza da Evolo in Evoli – va soggetta a eruzioni cutanee sanguigne localizzate alla spalla sinistra in forma di croce e al petto, parte sinistra, in forma di croce. Le eruzioni sanguigne sono sempre precedute e seguite da forti dolori al cuore e alla spalla sinistra. Si trova in uno stato di prostrazione. Il medico incaricato di visitarla ha dichiarato che la Evoli si trova in ogni parte del corpo perfettamente sana, e non sa spiegare il fenomeno”.
Padre Gemelli questa volta non si lascia andare a nessun preambolo di sorta, anzi va dritto al cuore del problema, e sul Caso-Evolo traccia in maniera netta, e questa volta definitiva, la sua diagnosi: “In linea di massima la soluzione – scrive Padre Gemelli – è sempre quella: l’isolamento, in modo che si faccia il silenzio attorno alla persona”.