Alla scoperta della Calabria del Sud, nel 1800, raccontata con matita e pennello da un versatile gentleman inglese

Ilaria Reggiani

Fu così grande il desiderio di conoscere l’estremo Sud d’Itala, o meglio l’eredità della Magna Grecia, che numerosi viaggiatori stranieri, tra la fine del 700 e tutto il secolo successivo diedero vita a quel fenomeno del Grand Tour che interessò intellettuali e artisti europei neppure dissuasi dal fenomeno del brigantaggio o, come in Calabria, dalle strade incerte e dissestate. Così fu per Edward Lear, scrittore e artista inglese, che in Calabria percorse a piedi gli itinerari prescelti, accompagnato da Jhon Proby, suo amico, e da Ciccio, la guida, con il suo inseparabile asino.

Luoghi, tradizioni, costumi incontrati volle raccontarli nei suoi libri non senza talvolta una sottile ma bonaria ironia , beh era inglese! Ma soprattutto fissò per la memoria i luoghi che visitava. Si fermava per strada tutto il tempo necessario ogni qualvolta giudicava di dover ritrarre un panorama con un disegno o un acquarello, – e già non avevamo detto finora che era anche un eccellente pittore.

Gli dobbiamo molta gratitudine perché ci ha restituito un autentico reportage illustrato di grande interesse documentario oltre che artistico e letterario giunto fino a noi e che mostriamo nella “galleria” sottostante, restituendoci il piacere di poter conoscere “come eravamo”.

Edward Lear, nato a Londra nel 1812, fu uno degli illustratori più apprezzati dell’Inghilterra vittoriana. Oltre a dedicarsi alla pittura e al disegno si distinse anche come scrittore di nonsense (noti sono i limerick, brevi componimenti poetici di contenuto umoristico corredati da sue illustrazioni). Appassionato di viaggi, visitò diversi paesi ma fu l’Italia con cui instaurò un legame speciale. Nel 1837 giunse infatti a Roma, da cui partì per esplorare le regioni circostanti. Il 25 luglio del 1847 partì alla volta della Calabria. Raggiunse – a piedi, non dimentichiamolo – trentasette paesi della provincia reggina tra cui Pentedattilo, Polsi, Palizzi, Roccella, Gioiosa Jonica, Gerace, ma anche Palmi, Scilla e quindi Bova “la Chora” il centro spirituale e culturale più importante del comprensorio.

Come scrisse nel resoconto di questa avventura, Journals of a landscape painter in Southern Calabria (“Diario di un viaggio a piedi”), pubblicato a Londra nel 1852, spiegò che la scelta di andare a piedi fu ritenuta necessaria per fare “sempre ciò che ci piace, ammirare o fermarci per disegnare, senza alcuna regola precisa” e perché “non si può conoscere la provincia di Reggio Calabria semplicemente spostandosi in carrozza fra Napoli e Reggio”.

Fu proprio Reggio la base di partenza del viaggio. Lear definì la città “un grande giardino, uno dei luoghi più belli che si possano trovare sulla terra”. L’illustrazione di Reggio, nella sua versione ad olio originale, fu per lungo tempo esposta a Londra presso la Tate Gallery

“Senza dubbio quella di Santa Maria di Polsi è una delle più notevoli visioni che io abbia mai visto…” scrisse Lear . Un paesaggio da mozzare il fiato, con le sue aspre montagne che circondano il santuario, tutt’oggi meta di pellegrinaggio.

Anche Palmi non mancò di ricevere le entusiastiche lodi dell’artista: “Una piatta passeggiata o piattaforma, semi circondata da sedili e da una balaustra, (oggi fiorente Villa Comunale, N.d.R.) il ritrovo serale dove si ozia a Palmi, finisce da una parte con un gruppo di chiese e altre costruzioni della città, e dall’altra parte cala sotto a picco nel mare blu, un perpendicolare precipizio coperto di cactus.

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