Il Museo Archeologico nazionale di Reggio Calabria dalla riapertura totale è senza dubbio l’attrattore turistico e culturale di maggior successo.
Un gioiello “costato” oltre 33 milioni di euro.


Antonietta Catanese

Lo storico Palazzo Piacentini, conserva quasi integro il prospetto, ma il suo interno è stato trasformato in uno spazio moderno e accattivante che unisce il “nuovo” al respiro suggestivo delle età più antiche. Ora è noto a tutti come la “Casa dei Bronzi di Riace”: le due magnifiche statue magnogreche occhieggiano dalla loro sala climatizzata già all’arrivo dei visitatori (la grande camera dei Guerrieri è infatti collocata al piano terra, e due grandi vetrate le fanno inizialmente solo intravedere” dalla grande agorà interna del palazzo, dedicata a Paolo Orsi ed impreziosita da una discreta ma suggestiva installazione moderna dell’artista Alfredo Pirri. Ai Bronzi, così annunciati, nel percorso alla scoperta di tutta la ricca storia della Calabria, è riservata la tappa finale della visita.

L’itinerario di visita a Palazzo Piacentini

Si comincia dal secondo piano l’itinerario alla scoperta delle meraviglie del Museo reggino: 11.000 metri quadri di esposizione, con una sezione dedicata alla Preistoria per proseguire con un percorso che si sviluppa fino al piano terra “attraverso l’esposizione delle grandi architetture dei templi di Locri, Kaulonia e Punta Alice, garantendo una continuità spaziale e logica che ha il suo epilogo con l’esposizione dei materiali, ognuna provvista di testi esplicativi e supporti dedicati, ha l’obiettivo di “raccontare” al visitatore la “Storia della Calabria”. Recita così la descrizione del nuovo museo sul sito ufficiale del ministero per i beni culturali.

Il cardine del percorso tematico è ovviamente la Magna Graecia. Così lo raccontava nei giorni dell’inaugurazione il Giornale dell’Arte: “Al piano A si mostrano i reperti della storia che venne prima “Prima della Magna Grecia” con le testimonianze relative all’Uomo di Neanderthal e all’Homo Sapiens.

Segue il piano B tra “Città e santuari della Magna Grecia”, dedicato alle Città-Stato di Sibari e Crotone, Caulonia, Thurii, Locri e sue alle colonie Hipponion e Medma, e ai santuari, con le grandi decorazioni di terracotta dipinta dei tetti dei templi di Locri e di Caulonia, in parte ricostruiti, agli ex voto fittili, tra i quali i “quadretti”(pinakes) dal santuario della Mannella di Locri.

E poi, rari esempi di statuaria di marmo come i Dioscuri dal frontone del tempio di Marasà a Locri o il maestoso acrolito di Apollo da Cirò Marina, qui ricostruito e panneggiato per rendere il verosimile effetto dell’originale.

Scendendo ancora si accede all’ammezzato (piano C), dedicato agli “Aspetti di vita quotidiana nelle città della Magna Grecia”, con uno spazio riservato ai popoli di stirpe italica, i Lucani e i Brettii. Per giungere, infine, al piano terra (piano D) dedicato alla città che ospita il Museo, Reggio Calabria, greca e romana, dove si espone per la prima volta una sintesi ragionata di reperti.

L’aggraziata statua marmorea del kouros di Reggio, in realtà un giovane Apollo, di cui si dà anche la ricostruzione virtuale, introduce il visitatore alla Sala dei Bronzi di Riace e dei Bronzi di Porticello: la testa di Basilea e la straordinaria testa del Filosofo, del quale un ologramma dà un’ipotetica ricostruzione virtuale come anziano poeta.

Le “chicche”

Tra le chicche della sezione preistorica, a quasi cinquant’anni dalla loro scoperta, sono esposti gli enormi resti dell’Elephas antiquus riemersi sulle colline di Archi e risalenti al II periodo interglaciale; e il grande mosaico con scena di palestra rinvenuto nel sottopalazzo Guarna sul Lungomare reggino dopo il terremoto del 1908. Oltre 200 vetrine, senza contare gli spazi sotterranei riservati alle mostre temporanee.

Insomma, un Museo che vale bene una visita. E dal 2017 tantissimi sono i visitatori che hanno frequentato questo assoluto gioiello: numeri che non si vedevano effettivamente da decenni.

La prima esposizione dei Bronzi di Riace a Reggio Calabria, dopo la scoperta e il restauro presso l’Opificio delle pietre dure a Firenze, è lontano, con il suo milione di turisti arrivati da ogni dove. Ma non si può dimenticare come, prima di questo restauro, i famosi Bronzi di Riace fossero rimasti in “solitudine”, arrivando nel 2008 a totalizzare – come scoprimmo all’epoca – meno visitatori dello zoo di Pistoia, arrivando dietro a ippopotami e tigri. Uno scandalo. La politica si mosse e si riaccesero i riflettori su un patrimonio unico al mondo che adesso inizia a tornare al proscenio adeguato a tanta bellezza.

Il Museo reggino è un unicum per mille ragioni: si pensi che quando Marcello Piacentini iniziò a progettarlo volle salvare parte della necropoli ellenistica che insisteva proprio sul terreno adibito alla nascita del primo edificio in Italia destinato a spazio espositivo. È grazie a tanta lungimiranza che oggi è possibile, all’interno dello stesso Museo, avere accesso alle tombe che ancora si mostrano al piano seminterrato.

 

INVINCIBILI I DUE GUERIERI NEANCHE IL TERREMOTO POTRA’ ABBATTERLI

L’accesso alla Sala Bronzi è consentito per gruppi di massimo venti visitatori alla volta ed è soggetto a limitazioni di tempo secondo il seguente programma: è obbligatoria una sosta di venti

minuti circa nella sala pre-filtro, durante i quali un video intrattiene il pubblico con aggiornamenti sullo stato della ricerca sui Bronzi di Riace.

Da qui una breve sosta di tre minuti in una speciale zona filtro dove i visitatori sono ripuliti da particelle che potrebbero intaccare l’integrità del bronzo, protetto alla fine del restauro operato sulle statue, da un trattamento al benzotriazolo che però deve accompagnarsi a particolari climi e temperature per assicurare la salute alla “pelle” bronzea e delicata dei guerrieri.

A quel punto si ha accesso alla sala che teatralmente svela i giganti in tutta la loro magnificenza, posti su speciali basi antisismiche progettate dall’Enea per tenere fermi i capolavori anche quando si verificassero sismi potenti come quelli che all’inizio del Novecento distrussero le città dello Stretto.

È sufficiente descrivere questa meraviglia che si staglia nel cuore della Magna Graecia per comprendere quale patrimonio immenso la Calabria abbia da offrire.

Un patrimonio che ancora è da valorizzare, come merita. E che, soprattutto, va inserito in un contesto turistico più ampio, che leghi Reggio Calabria, forte della presenza di tali unicità, a tutti i siti che nella regione custodiscono reperti di grande bellezza e siti archeologici testimoni di grandi civiltà, ma che ancora stentano a decollare come dovrebbero: Capo Colonna, Locri, Rosarno, Vibo, Mileto e la sterminata Sibari sono alcuni dei luoghi della storia e della bellezza che ancora oggi restano lontani dai numeri e dal successo del Museo reggino.

 

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