Domenico – “Mimmo” – Zappone nel ricordo mi appare severo, con quelle ciglia folte, lo sguardo penetrante e quel bastone, talvolta roteante, compagno inseparabile dopo l’incidente sofferto negli anni della guerra, ma nello stesso tempo segno visibile della sua fragilità, ma con il gusto della battuta pronta e tagliente.
Era stimato e apprezzato negli ambienti giornalistici che contavano. Nel 1957 aveva vinto, ex aequo con Umberto Saba, alla memoria, il Premio Cinzano, prima e unica edizione, per il bellissimo articolo apparso sulla terza pagina del Giornale d’Italia – allora prestigiosa e autorevole testata – in cui raccontava l’incontro con la madre di Corrado Alvaro, ignara della morte del figlio. Un riconoscimento memorabile perché Zappone aveva sgominato concorrenti famosi.
Sull’onda del successo Zappone andò a Roma. Ma fu una stagione breve. Con il suo carattere fiero, probabilmente finì con l’autoemarginarsi. Tornò, dopo quella fiammata di gloria, nella sua amata-odiata Palmi. Disincantato.
Restarono le collaborazioni con le terze pagine dei quotidiani nazionali, il lavoro di scrittore, le collaborazioni con le case editrici. Calabria nostra, esemplare antologia per le scuole medie, edita da Bietti nel 1969, resta forse il frutto più maturo di questo periodo.
Nonostante tutto Zappone dovette avere un suo modo, poi non tanto segreto di sorridere di sé e del mondo. Come non ricordare le sue notizie “inventate”, al confine con la poesia?
Una in particolare fece letteralmente il giro del mondo: quella della femmina del pescespada che per amore del suo maschio arcionato si lascia morire sulla battigia della tonnara di Palmi.
Cosa c’è di più reale: la realtà o la realtà immaginata? Certo che quando la prima ha preso il sopravvento Mimmo Zappone ha scelto il silenzio. Per sempre. Era il 5 novembre 1977.
Domenico Zappone, al centro, fra il poeta Giovanni Ciavanni e il giornalista Franco Escoffier a un convegno di letteratura del 1967.