Arnaldo Cambareri
Vino è costume, civiltà, poesia anche. Baudelaire, diceva: «chi a tavola beve soltanto acqua vuol dire che ha qualcosa da nascondere… Tra il serio ed il faceto il nostro uomo affermava davvero una verità. Lui, non pensava certo ai vignerons d’oggi, conterranei ingrati che scagliano sull’asfalto migliaia e migliaia di ettolitri di sacro lieo per fare dispetto alla Comunità.
Andar per vini è dunque tornato di moda. L’italiano, ahinoi, riscopre antiche passioni, ignorando ci si perdoni la presunzione, peraltro relativa, ataviche eredità, se non addirittura, primigeniture nel settore: Enotria era infatti uno dei nomi della nostra amata Patria, Il vino è dunque argomento che attira molto. Chi scrive, lo custodisce gelosa- mente in sapienti e capaci botti di rovere di Slavonia dedicandogli cure amorevoli: compagno permaloso, appena lo dimentichi o trascuri, lui… ti tradisce.
E mi arrabbio anche tanto, quando mi si dice che la nostra Calabria è famosa solo per il Cirò o per il vino Greco ed il Mantonico. Digrigno i denti e sprizzo sacro furore quando leggo, purtroppo anche su riviste specializzate, che questa annata è piuttosto scadente e priva di nerbo. Niente di più falso ed inesatto, Proprio perchè la Calabria dei vigneti non si ferma a Torre Melissa o nella valle del Savuto o del Donnici. La Calabria ha invece «crus» di eccezionale levatura appunto nella sua parte più arida e meridionale. Laddove essa è arsa dal sole, laddove gli antichi ceppi cercano disperatamente acqua per inturgidire acini bisognosi di nutrimentot ebbene, li, nasce il grande vino. E non si dica, a meno che non si voglia menare il can per l’aia, che in questi vini c’è squilibrio e disarmonia: queste sono favole da raccontare agli sprovveduti. La breve quanto intensa esperienza personale mi ha insegnato che niente è più apprezzato di un robusto bicchiere specie se lo si accompagna a pietanze succulente e sostanziose come in genere sono le nostra. Tanto di cappello, dunque, ai nobili ed austeri vini toscani e piemontesi o alla grazia e alla delicatezza di quelli veneti: ma non dimentichiamoci dei nostri grandi vini: sapidi, generosi, umorali e bizzari come puledri in libertà, ma ricchi di arcane virtù. E allora cosa volere di più? Perchè andare alla ricerca di etichette «lise» ma solo belle a vedersi? fate come noi: rimboccatevi le maniche quando è tempo di vendemmia e andate da amici saggi e sinceri per riempire otri di mosto ancora furente e curatelo. Vedrete che sarete contraccambiati.
Uno per volta, corne si conviene, vi dirò di questi vini che conosco. Sono pochi, ma, ahimè, le mie papille non capiscono più d’altro e rifiute no, pur rispettandole assai, altre generose degustazioni. Pervicaci e cocciute si sono proprio. fermate dalle mie parti e ripudiano tutto ciò che non sa di buona terra.