Scilla e Cariddi erano due mostri marini che vivevano nello Stretto di Messina.
La leggenda narra che Scilla era una splendida ninfa, figlia di Forco e Crataide. Trascorreva i suoi giorni nel mare, giocando con le altre ninfe e rifiutava tutti i pretendenti. Quando il dio del mare Glauco si innamorò di lei, andò dalla maga Circe a chiedere un filtro d’amore, ma Circe a sua volta si invaghì di lui.
Rifiutata da Glauco, rosa dalla gelosia, trasformò la rivale Scilla in un mostro con dodici piedi e sei teste, nelle cui bocche spuntavano tre file di denti. Secondo alcuni, intorno alla vita aveva appese teste di cani che abbaiavano e ringhiavano ferocemente.
Scilla era immortale e l’unica maniera per difendersi da lei era quella di invocare l’aiuto di sua madre, la ninfa del mare Crataide.

                Glauco e Scilla (1580/82), Bartholomäus Spranger                Kunst historisches Museum, Vienna

Il mostro si nascose in una spelonca dello stretto di Messina, dal lato opposto a quello di Cariddi, e quando i naviganti si avvicinavano a lei, con le sue bocche li divorava. Venne infine trasformata in roccia, e in questa forma la trovò Enea passando dallo stretto. Cariddi è un mitico gorgo dell’estremità settentrionale dello stretto di Messina.
Descritto come un mostro figlio di Poseidone e di Gea, succhiava l’acqua del mare e la risputava tre volte al giorno con tale violenza da far naufragare le navi di passaggio. Odisseo, dovendo passare necessariamente tra i due mostri, preferì avvicinarsi a Scilla poichè Cariddi avrebbe portato sicuramente la distruzione delle navi.
Più tardi, dopo che i suoi uomini erano stati uccisi da Zeus per aver catturato gli armamenti di Elio, la nave di Odisseo venne attratta dal gorgo di Cariddi, e l’eroe sopravvisse soltanto perchè riuscì ad aggrapparsi ad un fico che sbucava dall’acqua. Quando, ore dopo, ricomparve la nave, Odisseo s’aggrappò ad un albero riemerso, ed ebbe salva la vita.

Il Mito di Omero
Omero, nell’Odissea, parlava di Scilla, dolce fanciulla innamorata di Glauco, trasformata da Circe in un terribile mostro a sei teste. La mostruosa figura, incutendo timore ai naviganti che cercavano di avvicinarsi alla costa, scatenava tremende tempeste.
Sulla sponda sicula dello Stretto c’era invece Cariddi, trasformata da Giove in terribile mostro in quanto colpevole di avere rubato i buoi ad Ercole.
Il mito di Scilla e Cariddi, oltre che da Omero, fu cantato da Dante, Virgilio, Ovidio.

 

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