Percorrendo la statale 107 che collega il Tirreno con il mar Jonio da Paola a Crotone, attraverso la Sila e la Valle del Neto, superata San Giovanni in Fiore inizia la discesa verso il mare. A circa 650 metri sul livello del mare si erge Caccuri, antico borgo medioevale cresciuto intorno al magnifico castello che edificato su una rupe sovrasta e “osserva” come una vedetta il Marchesato, dai monti fino al mare. Il centro storico è uno dei più integri e meno compromessi fra quelli del circondario. Il tessuto urbano, infatti, conserva intatte le caratteristiche del vecchio centro costituito da un intreccio di strade e vicoli che sfociano tutti al castello. Le origini dell’insediamento abitativo rimangono incerte: alcune fonti tramandano l’esistenza di popolazioni sin dall’epoca neolitica, altre rimandano all’età romana, infine al periodo bizantino al quale si fa risalire anche la prima edificazione del castello come presidio difensivo a guardia della Valle del Neto. Nel corso dei secoli il “castrum” subì importanti trasformazioni e dal XV secolo in poi fu teatro di una serie di passaggi feudali, ospitando i membri delle famiglie più prestigiose e potenti dell’epoca. … Nel 1418 il castello è incluso tra i lasciti del Conte Carlo Ruffo di Montalto alla figlia Polissena che va in sposa al giovane Francesco Sforza, figlio appena diciassettenne di Muzio. È proprio in virtù di questo matrimonio che il caccurese Cicco Simonetta segue Francesco a Milano, fino a divenire segretario di questi e abile ed illuminato amministratore del GranDucato, oltre a potente e fine tessitore della politica milanese del ‘400. Nel XVI secolo inizia per Caccuri un periodo di rapidi trasferimenti sotto il dominio successivo delle famiglie Spinelli, Sersale e Cimino, sino al 1651 quando il feudo pervenne ai Cavalcanti che lo conservarono fino alla eversione della feudalità.
Per i Cavalcanti, che acquisirono il titolo di Duca di Caccuri, il castello rappresentò una stabile dimora per quasi due secoli, fino a quando nel 1830 l’ultima erede della stirpe vendette il feudo e il castello ai baroni Barracco. In particolare Guglielmo Barracco ne fece la propria dimora realizzando una serie di cospicui interventi di ammodernamento tra i quali spicca la torre acquedotto progettata dall’architetto napoletano Antonio Mastrigli. Dopo la morte di Guglielmo il castello fu disabitato per anni fino a quando i Barracco nella prima metà del ‘900 lo vendettero agli attuali proprietari.
Poco sotto il castello s’impone la mole della chiesa di Santa Maria delle Grazie, la cui facciata, affiancata a destra da un campanile, è preceduta da una scalinata con rampe laterali e da una possente balaustra in pietra, coeva probabilmente al portale della chiesa. La facciata tripartita, coronata da un grazioso motivo mistilineo, riflette la partizione dell’interno trinavato, rivestito sul finire del settecento da una graziosa decorazione di stucco. Fuori dal nucleo abitativo antico la chiesa della Riforma, cosiddetta perché passata ai Riformati nel 1833. La chiesa ed il convento, fondati dai domenicani, vennero edificati a partire dal 1520. Il periodo è testimoniato anche da preziose emergenze architettoniche quali il portale della chiesa, che reca la data del 1543 – riportata nella trabeazione conclusiva preceduta dall’ iscrizione che indica l’originario titolo “Sancta Maria Succurre Miseris” – ed il rosone sovrastante. La chiesa a navata unica è coperta da un soffitto ligneo a cassettoni dipinti ed è ornata da numerosi altari lignei. Sulla parete destra si apre l’imponente cappella seicentesca di San Domenico, aperta o rinnovata dalla famiglia Cavalcanti, come rivela lo stemma sulla chiave di volta. Significativo l’Oratorio del Rosario che occupa un ambiente dell’antico convento. Appena fuori il borgo, Caccuri offre un paesaggio suggestivo ed una natura sorprendente, punto d’incontro tra la macchia mediterranea e i boschi della Sila. …
Credits: Castelli Di Calabria