C’erano, un tempo, in Calabria, i pasturari, abilissimi artigiani che con maestria creavano le
statuine del presepe, modellando la creta. E capitava, spesso, che s’ispirassero per le loro “figure”
a personaggi e situazioni della vita d’ogni giorno. In un presepe conservato nel Museo di
Etnografia e Folclore della Casa della Cultura di Palmi, le donne sono rappresentate intente ai
lavori più umili: raccogliere le fascine per il fuoco, attingere l’acqua alla fontana, lavare i panni…
Gli uomini, invece, badano ai lavori più pesanti, come spaccare la legna, ma concedendosi anche
qualche libertà di… bevuta!
Ma di questo presepe il pezzo più suggestivo è l’Angelo che sussurra al pastore che dorme. Lo
vuole risvegliare delicatamente o forse piuttosto – e chissà che non sia stato così quella Santa
Notte – comunicargli nel sogno l’annuncio della nascita del Bambino? È una composizione
mirabile: il sonno ristoratore rivelato dall’abbandono della mano del pastore; la dolcezza
dell’Angelo in quel suo ripiegarsi.
Attenzione, però, questo prezioso presepe degli anni ’50, esemplare unico del suo autore, non
appartiene a un abile artigiano ma a don Antonio Rotondo (1883-1967), un sacerdote di
Fiumefreddo Bruzio, con animo d’artista.
Il presepe fu donato al Museo, ma non senza qualche titubanza, dagli eredi del sacerdote.
Un’acquisizione d’incalcolabile valore di cui occorre render merito al compianto Giuseppe Saffioti,
l’indimenticabile “Gisa”, uno di quei cittadini di Palmi, innamorati della propria terra e sempre
protesi ad arricchirne, instancabilmente, memorie e istituzioni.
Dunque, Gisa apprende, occasionalmente, che a Fiumefreddo c’è un interessante presepio con
figure in terracotta che riproducono per di più il costume calabrese. Decide così d’andare a
vedere… Il racconto di quel che accadde, Gisa lo scrisse sulla rivista dell’Associazione Italiana Amici
del Presepio (Il Presepio, n.60/dicembre 1969):
“Secondo un vecchio proverbio, la prima impressione è quella che conta e per me la prima
impressione fu meravigliosa: lo sguardo attonito si posò dapprima sulla delicata e mistica scena
della Natività, curata nei più piccoli dettagli, poi sul gruppo dei pastori che ricevono dagli angeli
l’annuncio e il bacio della pace, via via sui suonatori e danzatori, sulla strage degli innocenti, sulle
comari chiacchierone che attingono acqua alla fonte, sulle pastorelle vestite con i ricchi costumi
del luogo, sui Re Magi, e infine, attraverso una profonda buca illuminata da una luce rossa di
fuoco, sull’inferno. Sissignori, l’inferno! Il caro don Antonio, da quella mente eclettica ed eccelsa,
aveva voluto esprimere plasticamente il vero significato della venuta al mondo del Redentore: la
salvezza delle anime dal peccato. In un raggio di argentea luce ecco infatti l’Eterno Padre che
accompagna verso l’alto alcune anime avvolte in bianche tuniche, più indietro, gruppi di anime
redente e poi, laggiù, in basso, tra rocce e anfratti, decine e decine di dannati punzecchiati dai
forconi dei diavoli oppure appesi nudi a rami di alberi secchi o rincorsi da mute di cani.”
Il suggerimento cortese ma insistente di Gisa, per la migliore conservazione e fruizione del
presepe, di farne dono al Museo di Palmi, fu accolto, generosamente, dagli eredi di don Rotondo.
Nel novembre del 1969…”la grande spedizione verso Fiumefreddo!”
“Sono state imballate più di trecento figure tra grandi e piccole con ogni possibile cautela, e sono
state scattate numerose fotografie, in bianco e nero e colore per rispettare l’impegno assunto col
donatore e cioè di ricostruire il presepio il più fedelmente possibile secondo l’originaria
concezione dell’artista.”
Ahimè, un impegno finora non mantenuto. E nel frattempo occorrerà pure provvedere ad un
indispensabile intervento di restauro. E quando il presepe sarò restituito – speriamo presto – alla
sua originaria composizione e bellezza, il Museo di Etnografia e Folklore “Raffaele Corso” meriterà
ancor di più una visita se non altro per poter ammirare il presepe, oseremmo dire “teologico”
prima ancora che artistico, di don Antonio Rotondo, umile, ma colto e ispirato prete di un piccolo
paese di Calabria.
E se fossimo per primi noi palmesi, sparsi dappertutto, a farci carico, di un impegno disatteso, nel
corso di mezzo secolo, dalle istituzioni? Se intraprendessimo una “raccolta fondi” per avviare il
restauro del Presepio e predisporne l’allestimento? Se riconoscessimo in questo impegno un
momento di coesione della nostra comunità? Che sia l’Angelo a sussurrare anche a noi?
L’Associazione “ItacaMondo” mette intanto nel salvadanaio trecento euro…
Antonio Minasi, presidente di “ItacaMondo” / itacamondo@gmail.com